Mamme equilibriste, Save the Children: “Il 20% smette di lavorare dopo maternità”
- 11/05/2025
- Popolazione
La maternità in Italia resta un percorso ad ostacoli. È quanto emerge dal nuovo report ‘Le Equilibriste – La maternità in Italia 2025′, pubblicato da Save the Children, che denuncia l’assenza di politiche strutturali a sostegno delle madri e la crescente penalizzazione delle lavoratrici con figli.
Nascono sempre meno bambini. Il 20% delle donne smette di lavorare dopo aver avuto un figlio. E al Sud la situazione è ancora più svantaggiata del Nord. Vediamo nel dettaglio cosa è emerso dal report.
Denatalità e tasso di fecondità
In Italia nascono sempre meno bambini. Nel 2024 si è registrata una flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente, con soli 370mila neonati. L’età media delle madri al parto è di 32,6 anni. Il tasso di fecondità totale pari a 1,18 figli per donna, inferiore persino al minimo storico del 1995 di 1,19 figli per donna.
Ed è al Sud e nelle Isole che si registrano i cali più significativi: rispettivamente del 4,2% e del 4,9%. In questo panorama di crisi demografica, le mamme single sono quelle che si trovano spesso ad affrontare ulteriori difficoltà in termini di supporto sociale e stabilità economica.
Per quanto riguarda l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, ancora una volta la Provincia Autonoma di Bolzano risulta in cima ai territori amici delle madri, seguita da Emilia-Romagna e Toscana, mentre fanalino di coda è la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica da Campania, Puglia e Calabria.
Mamme lavoratrici vs papà lavoratori
L’Italia, inoltre, occupa il 96esimo posto su 146 Paesi nel mondo in relazione alla partecipazione femminile al mondo del lavoro, mentre rispetto al gender gap retributivo si trova alla 95esima posizione. Nello specifico, più di una donna su quattro nel nostro Paese è a rischio lavoro a basso reddito (il 26,6%). La stessa condizione interessa un uomo su sei (il 16,8%).
La child penalty riguarda principalmente le donne. Se lavora il 68,9% di quelle senza figli, dopo la maternità la quota scende al 62,3%. Per gli uomini il dato è differente: il 77,8% senza figli è occupato, ma la percentuale sale al 91,5% tra i padri. Il 20% delle donne smette di lavorare dopo essere diventata madre, spesso a causa dell’assenza di servizi per la prima infanzia e della mancanza di condivisione dei compiti di cura all’interno delle famiglie.
La geografia della child penalty
I dati del rapporto, oltre allo squilibrio di genere, evidenziano forti disparità territoriali e sociali:
- Al Nord, il tasso di occupazione maschile è dell’87% per gli uomini senza figli e 96,3% per quelli con almeno un figlio minore, mentre per le donne si attesta all’80,2% per le donne senza figli, e al 74,2% per quelle con almeno un figlio minore.
- Nelle regioni del Centro emerge uno svantaggio femminile con una differenza di circa 5 punti percentuali nei tassi di occupazione tra le donne senza figli (74,3%) e quelle con figli minori (69,2%).
- Nel Mezzogiorno, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è molto più bassa e presenta comunque una differenza tra le donne senza figli (49,4%) e quelle con almeno un figlio minore (44,3%), in linea con quelle del Centro e del Nord.
Anche i dati sulle dimissioni volontarie relativi ai genitori con figli 0-3 anni restituiscono un’istantanea sulla disparità di genere nel mondo del lavoro: a dimettersi, infatti, sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita. Il 72,8% di tutte le 61.391 convalide da parte di neogenitori di bambini tra 0 e 3 anni è riferito a donne e nel 96,8% dei casi si tratta di dimissioni volontarie.
Assistenza e servizi
Nel rapporto si legge che una riduzione dei costi dell’assistenza a carico delle famiglie attraverso gli investimenti in asili nido potrebbe ridurre la child penalty in modo sostanziale, promuovendo una maggiore equità di genere nel mercato del lavoro italiano.
Una maggiore estensione dei servizi di cura favorirebbe anche una partecipazione più completa al mercato del lavoro delle mamme: nel 2024 la quota di donne 25-54enni occupate a tempo pieno scende drasticamente dal 77,8% tra le donne senza figli; al 64,4% tra le madri con almeno un figlio minore. Specularmente, il part-time aumenta in modo marcato, passando dal 22,2% tra le donne senza figli al 35,6 % tra le madri con almeno un figlio minore.
“Ancora oggi, le diseguaglianze di genere nel mondo del lavoro ma non solo, lo sbilanciamento dei carichi di cura a sfavore delle donne, l’insufficienza o l’assenza completa di servizi per la prima infanzia condizionano la vita e il benessere delle madri. Servono politiche strutturali, integrate e durature che garantiscano risorse e strumenti per sostenere le famiglie nella cura dei figli e nella conciliazione tra vita privata e professionale”, ha affermato Giorgia D’Errico, direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children.
“È fondamentale – ha aggiunto -, ad esempio, garantire a tutti i bambini e le bambine l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia, ampliando l’offerta in tutti i territori e assicurandone la sostenibilità nel lungo periodo, ed estendere la durata dei congedi di paternità, incentivandone l’utilizzo e riconoscendo il valore sociale della cura anche per i padri, in una logica di corresponsabilità. Solo così potremo costruire un futuro in cui la genitorialità, il lavoro e la vita privata non siano in conflitto, ma possano coesistere come parte di un progetto di benessere individuale e collettivo”.